Appello alla forza della Ragione
James Holmes, il joker di Denver, è come noi
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Denver City, la sera della strage |
Sguardo
puntato nel vuoto, capelli grigio/arancio, un’espressione confusa, spiazzata, quasi
a voler dire:
«Ma che ho
fatto?»
In
questi giorni ci è apparso così il ventiquattrenne James Holmes su tutte le
televisioni, i giornali e i siti internet, quel giovane che oggi rischia la
pena di morte (ahimè, è nato negli USA) per aver puntato un fucile davanti ad
uno schermo e gettato gas lacrimogeni durante la prima del film: Il cavaliere oscuro - Il ritorno nel
cinema Aurora di Denver (Colorado).
E
fu così che, avendo da tempo architettato l’imminente strage nel suo
appartamento, la sera del 20 luglio Holmes, camuffato da Baine (il nemico di Batman) con un cappotto nero, un casco, un giubbotto
antiproiettile, una mascherina antigas, un coltello, un fucile, una pistola e
gas lacrimogeni, è riuscito ad infiltrarsi nel cinema, sparando a più non posso
contro la folla. Tra angoscia e paura la strage si è conclusa con 12 morti e circa
58 feriti. Tra le vittime una bambina di sei anni (Veronica Moser), una giornalista
sportiva (Jessica Ghawi) ed un ragazzo morto per salvare la vita della sua
partner: si chiamava Jon Blunck. Questi sono solo tre dei dodici morti, dodici
vite andate in fumo a causa di una mente contorta e degenerata. Possiamo
parlare, però, solo di un “pazzo” e ridurre la perizia ad un semplice
“squilibrio mentale”? Dobbiamo accogliere indifferentemente le parole del
presidente statunitense Barack Obama, il quale si è meramente dichiarato
“triste” e “scioccato”? Per i
cittadini non è giusto rendere memoria ai morti in questo modo, anzi, più che
ai morti, dovremmo forse parlare ai vivi, alla gente che soffre per un amore
mancato, stroncato.
Molti
sono stati i casi che in passato hanno sconvolto l’intero Paese americano: nel
1927 un attentato colpì la Bath School
nel Michigan, provocando la perdita di 45 innocenti e altri 58 feriti; un
evento simile accadde anche nel 2007 nel Virginia Polytechnic Institute (32
morti e 29 feriti) ad opera di un sudcoreano, oppure ancora alla Columbine High School nel 1999 (a questo
proposito si ricordi il film commemorativo Elephant,
diretto da Gus Van Sant). Tutte queste stragi, e molte altre che non abbiamo
citato, hanno accresciuto la sfiducia nei confronti delle istituzioni. Pare che
il Secondo Emendamento della Costituzione americana, sebbene sia stato non di
molto modificato, giustifichi le follie umane in base alla celebre questione
del porto d’armi. In poche parole, tutti possono avere un’arma da fuoco. La
questione intera riguarda i potenti, dal momento che, oggigiorno, la
democrazia, paradossalmente, non ha niente a che fare con gli interessi del
frustrato, sbalestrato e contraddittorio popolo. Ciò
che le persone si chiedono è: «Quanto dolore
c’è dietro questo ragazzo e, soprattutto, quanta rabbia?»
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Denver City, i soccorsi giungono dopo la cattura di Holmes |
C’è
chi dice che i film ispirati a Batman siano maledetti. Il precedente capitolo, Il Cavaliere
oscuro (Usa 2008), è stato definito malevolo dalla critica e dalla comune
superstizione: durante le riprese morì il tecnico degli effetti speciali, poco
dopo M. Freeman ebbe un incidente stradale che per poco non gli costò la vita, C.
Bale ebbe dei problemi legali e il grande attore, promessa del cinema d’autore,
Heath Ledger, morì nello stesso anno di intossicazione acuta. Alcuni pensano
che, essendosi identificato eccessivamente nel personaggio, abbia visto più
Male che Bene nella sua vita. Il corpo di Ledger fu trovato pieno di Vicodin (un antidolorifico che porta
alla paranoia, all’euforia e alle allucinazioni) proprio come accadde a James
Holmes. Quindi, possiamo ritenere che si tratti solo dell’incapacità di
distinguere la finzione dal reale? Forse quest’uomo si è semplicemente arreso.
«O muori da eroe o vivi tanto a lungo da
diventare il cattivo» diceva Batman. Holmes ha dunque preferito, a suo
modo, morire da eroe. Poca gente è come Joker. Poca gente combatte il
moralismo, l’ipocrisia, il perbenismo, il potere, ma quando si decide che un
altro essere umano debba morire per propria mano ecco che si diventa il potere.
Questo ragazzo aveva o ha (dipende tutto dal tempo) un grido dentro, il bisogno di essere voluto
bene, il terrore della solitudine. James Holmes è come tutti noi, con la
differenza che ha scelto la via più assurda per farsi notare, quella che non
rende giustizia a nessuna delle parti e, durante il processo, ha scelto la
negazione, non la profondità di un pianto.
E
noi ora, come fece Oriana Fallaci, ci appelliamo alla voce della Ragione: «Cosa può rendere giustizia?»
C’è
gente adesso che aspetta, che sopporta, come sopportò Agnese Borsellino nella
speranza di un pentimento, di una parola di vergogna dinanzi alla Verità. Anche
l’America sta aspettando una risposta agli interrogativi su cui da troppo tempo,
oramai, si sorvola.
Benedetta Spampinato
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