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domenica 24 giugno 2012


To Rome with Love


«Ogni volta, quando un mio film ha successo, mi chiedo: come ho fatto a fregarli ancora?» W. Allen

Woody Allen si ripresenta con un film che divide gli esperti, ma in Italia delude la maggior parte dei critici, forse per le aspettative createsi, nella speranza di vedere un altro film “metropolitano” come il precedente e molto apprezzato: Midnight in Paris. Purtroppo, ciò che separa la critica estera da quella nostrana è la prospettiva. È l’immagine di una Roma quasi da film felliniano, ma rappresentata malamente (poteva benissimo essere riprodotta in qualche studio di regia hollywoodiano); la preferenza per i vicoli tortuosi non avvicina l’osservatore alla realtà odierna romana e ne tradisce i propositi di essere veritiero: una Roma sognata da Allen, con atmosfere anni '50, che non ha nulla a che fare con la caotica metropoli di oggi, riempiendola, peraltro tristemente, di stereotipati luoghi comuni. Il film si articola sull’intreccio di quattro ministorie, una più deludente dell’altra, che non mostrano nulla di nuovo, storie trite e scontate, dove gli accenni di assurdità non sorprendono affatto. Forse solo la storia di Leopoldo, divenuto famoso a sua insaputa, poteva avere una qualche valenza artistica di critica alla mondanità: gestita in malo modo, a partire dall’attore, Benigni, che di romano ha ben poco. Unica nota positiva nel film, che vede il ritorno sulla scena di Allen stesso e la scelta del nuovo doppiatore dopo la morte di Lionello: Leo Gullotta (amico stesso del grande cabarettista), il quale riesce ad emularlo e a dar nuovamente voce ad Allen, voce sprecata, purtroppo, in un omaggio non gradito a una Roma, vista come da dietro una cartolina ingiallita dal tempo.

Danilo Caccamese

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