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martedì 24 aprile 2012


Vulcania: primo simbolo della degenerazione dei centri commerciali



 Foto di Alberto Molino


«Da tempo ci occupiamo di questa vicenda. I cittadini sono esasperati. Noi abbiamo più volte chiesto all’Amministrazione un intervento per riqualificare la zona. Ma fra Comune ed ex negozianti è in atto un contenzioso che rende tutto immobile. La paura fra i cittadini è tanta. È uno schifo vedere come si è ridotta una struttura del genere.» Queste le parole del consigliere della terza municipalità Francesco Marano in un’intervista sul Quotidiano di Sicilia rilasciata nell’agosto del 2010. Eppure, neanche dopo quasi due anni dall’ultima richiesta di riqualificazione sembra che la situazione sia migliorata: Vulcania, l’antesignano di circa quindici anni dei grandi centri commerciali del nuovo secolo è divenuto uno dei peggiori e disgustosi posti della nostra città. Inaugurata nel 1980 e visitata nel ‘94 dall’ex Presidente del  Consiglio, Silvio Berlusconi, questa imponente attività imprenditoriale è vista oggi come luogo di rifugio e ospizio per gli sbandati, gli extracomunitari, gli ubriachi e i drogati, che “usufruiscono” degli spazi e dei cortili, ormai abbandonati a sé stessi, per trovare riparo durante la notte e nei giorni di pioggia. Agli albori della sua nascita, con i suoi quarantotto esercizi commerciali, i giganteschi giardini, tutt’ora accessibili al pubblico, l’ineguagliabile struttura di cemento appariva come un glorioso monumento situato all’interno della provincia etnea. Tuttavia, con l’avvento della crisi degli anni ’90, ma soprattutto con il boom degli altri centri commerciali di Misterbianco (come l’Auchan) iniziò il lento deterioramento della struttura fino alla definitiva caduta, causata dall’abbandono dell’imprenditoria che, per i costi eccessivi di manutenzione e affitto degli stalli, non riuscì a mettere in atto un piano di prezzi che invogliasse i clienti a restare. Grave conseguenza di questa fallita gara d’appalto fu l’abbandono crescente di un progetto iniziato con ottimi propositi e finito per essere considerato uno dei tanti luoghi-spazzatura urbani da gettare nel dimenticatoio della memoria così che nessuno ricordasse con esattezza il vero motivo di questo scandalo, uno scandalo di dominio pubblico. Solo poche attività sono riuscite a sopravvivere mantenendo florida la propria gestione e il proprio lavoro (come centri di benessere, il bar, uffici delle assicurazioni, ecc). Ciò che rimane oggi di questo breve ma unico precursore del commercio cittadino è lo scheletro di cemento armato decadente assieme a un’enorme quantità di box vuoti i quali, per il loro attuale stato, stimolano curiosità agli occhi dei passanti e al tempo stesso vengono considerati "nido d’amore" per le coppie affiatate. Salendo ai piani superiori, dall’esterno delle vetrine degli ex locali occupati, molte delle quali in frantumi, è possibile dare una sbirciata ai simboli d’illegalità visibili nei muri, questi ultimi completamente ricoperti di “writers” spesso volgari e oscene, ma che altre volte mostrano grazie alle “date” (presumibilmente di fidanzamento, ecc.) interessanti informazioni riguardo l'entrata balorda e furtiva degli autori. Rispetto alla tutela e alla difesa del territorio, ricordiamo che nel 2007 la municipalità di Borgo-Sanzio ha subito quattro attacchi vandalici per un danno complessivo di quasi 50.000 euro, pagati con il denaro pubblico. Questo, per colpa anche della falsa videosorveglianza di cui il centro dovrebbe esserne adeguatamente attrezzato, dimostra senza alcun dubbio l’incapacità, giustificata o voluta, di saper prevenire tali danni nel rispetto per l’ambiente circostante oltre che per gli abitanti della zona.
I box dell’ex centro commerciale rimangono comunque inaccessibili poiché sbarrati da saracinesche, forzate e fetenti di urina, mentre rampe d’accesso barcollanti e arrugginite, gradini sconnessi,  mattonelle frantumate o rimosse, crepacci sui ballatoi e pilastri pieni di crepe lasciano un altro evidente segno di mancanza di sicurezza dell’edificio intero mettendo, in tal modo, a repentaglio la vita di ogni dipendente. Molte volte le voragini nel pavimento sono state segnalate inutilmente con nastri di delimitazione o con delle assi lignee tenute insieme col fil di ferro. Vesti sporche, bottiglie di vetro, qualche ago di siringa, pezzi di cartone, cianfrusaglie di ogni genere sono tutto ciò che rappresenta la Vulcania odierna. Tuttavia bisogna cercare le cause dell’incuria anche negli aspetti legati alla fisionomia e agli spazi non idonei per accogliere turisti da tutta l’isola (ad esempio assenza di parcheggio per lasciare le vetture, così come l’insufficienza dei servizi igienici disponibili) elementi tutti che, col passare degli anni, hanno condizionato, in un certo qual modo, la chiusura del primo grande centro commerciale catanese. Da circa la fine dell’anno scorso, il Comune ha favorito la “rinascita” di un pensabile nuovo centro commerciale, moderno e soprattutto in regola con le norme di affitto e di controllo dell’impresa. Per chi ha seguito l’intera vicenda, sa bene di non assistere per la prima volta ad un tale cambiamento, spesso trasformato in ennesimo patatrac. Dopo numerosi tentativi negli anni passati per poter sistemare e garantire risolutezza al problema, il Comune sembra aver veramente avviato i lavori di ricostruzione (o di sostituzione) partendo dall’emergenza infrastrutturale del tetto che da sempre costituisce pericolo d’incolumità e porzione di terreno ad alto rischio di cedimento improvviso. Purtroppo nessuno crederà mai a quest’ultimo disegno data l’incoerenza e la poca buona volontà dimostrata finora; in caso contrario, se l’intero progetto dovesse andare in porto, non bisogna dimenticare che le spese e i finanziamenti necessari per la sua realizzazione saranno prelevati dal fondo pubblico. È inevitabile immaginare che, presto o tardi, tutti i grandi centri commerciali della regione come i Portali, Etnapolis, Centro Sicilia, ecc. saranno destinati a subire la stessa sorte del loro padre e prototipo. Resta il fatto che il sogno di una nuova Vulcania istituirà ancora una volta causa di lamento e insoddisfazione da parte dell’opinione pubblica di un popolo e di un Paese dichiarato falsamente “democratico”.



Andrea Battaglia

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